19 novembre, 2010

Didattica di base.

Interessante l'articolo sulla necessità di togliere i voti dalle pagelle ne "La Repubblica" di oggi. In quanto "bambino problematico" mi sono rivisto nella posizione di Pennac e nella sua visione dell'educazione priva di esami e di "prove". Sradicando un sistema di contrapposizione tra alunno ed insegnante si dovrebbe favorire il coinvolgimento dei meno attenti e degli studenti "difficili" che sono tali solo perché non trovano maniera di esprimere le loro capacità.
Può darsi ma lo scenario mi appare più complesso. Se non ci fossero scale di valutazione esisterebbero solo due condizioni: "promosso" e "bocciato" (sempre che non si voglia abolire anche la bocciatura: altra proposta già sentita) quindi chi se la cava a malapena si troverebbe sullo stesso piano del piccolo genio. Motiverebbe l'alunno mediocre ma mortificherebbe l'altro: perché darsi da fare per raggiungere l'eccellenza se il risultato è identico a quello del mio compagno che cazzeggia tutto il giorno? Potremmo favorire la curiosità dei più disattenti, coinvolgendoli con una didattica dinamica e marcandoli stretti. Non saremmo pieni di super-scienziati comunque ma i talenti sarebbero valorizzati e, a lungo termine, l'intera società, in senso ampio, ne trarrebbe vantaggio. Per fare questo, però, serve una marea di denaro: vanno formati gl' insegnanti che utilizzano metodi obsoleti, vanno rinnovati gli arredi scolastici e gli ausili alla didattica (proiettori, PC, laboratori), vanno motivati gli insegnanti e va ridotto il rapporto alunni/docenti. Investimenti a lungo o lunghissimo termine. Nessun politico trarrebbe vantaggio elettorale da simili riforme.
Ultima, razzistissima cosa: non siamo tutti uguali. Ipotizziamo una classe di liceo in cui ci siano i concorrenti degl'ultimi tre "Grande Fratello", Hawking, Mozart, Montale, Gadda. Ci DEVE essere una differenza, no? Il buon Pennac può sostenere la sua tesi ad oltranza ma i primi non raggiungeranno i secondi per quanto siano seguiti. Per fortuna o purtroppo credo non sia solo una questione d'istruzione: ci deve essere una componente innata, non vedo altre spiegazioni.

2 commenti:

  1. Anonimo8:08 PM

    "quindi chi se la cava a malapena si troverebbe sullo stesso piano del piccolo genio"

    Scusa, e il problema dov'è? Tanto comunque il piccolo genio emigrerà e chi se la cava a malapena finirà a dirigere qualche ente pubblico o privato. Almeno, non si sprecheranno fogli e tempo per le valutazioni. =)

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  2. Il problema dell'educazione è complesso. Non si può basare la faccenda sul fatto che i più bravi se la caveranno comunque fondamentalmente per due ragioni: i ragazzini dotati saranno frustrati dal non vedere riconosciuti i propri meriti (e, mancando la motivazione, smetteranno d'impegnarsi)e, in seconda battuta, non è eticamente corretto. Allo stesso modo, è profondamente sbagliato lasciare in balia di se stesso chi "rimane indietro". Non è un problema di voti: se si vuol far qualcosa di serio e "democratico" bisogna ribaltare il sistema come un calzino.
    Don Milani, con la sua idea provocatoria dei professori pagati a cottimo, aveva capito il problema 40 anni fa.
    Una scuola migliore produce una società migliore.

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